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Moltmann

Il teologo protestante ha avuto grande influenza anche in ambito cattolico. Un’influenza negativa, che fa leva sulla speranza ma la ripone dentro la storia, secolarizzando la fede. I risultati sono tuttora evidenti.

Il 3 giugno scorso è morto a Tubinga all’età di 98 anni il teologo protestante Jürgen Moltmann. Egli viene di solito ricordato come “il teologo della speranza” a motivo della sua opera principale Teologia della speranza, pubblicata nel 1964 in Germania e nel 1970 in Italia da Queriniana. Ricordarlo in questo modo non è sbagliato o riduttivo perché quel volume non intendeva trattare un capitolo della teologia, appunto la speranza, ma aveva l’intento di riformularla per intero.

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Leone XIV: «La misericordia di Dio, l’unica via per la pace»

Prima solennità dell’Assunzione sul trono di Pietro per Robert Francis Prevost. Una giornata vissuta all’insegna della devozione mariana, quella di celebrare la Messa per i parrocchiani di Castel Gandolfo. Ieri mattina Leone XIV è arrivato per la seconda volta nella chiesa di San Tommaso da Villanova, al centro di piazza della Libertà, accolto dal vescovo di Albano, monsignor Vincenzo Viva. È lui che, prima del conclave, ha fatto conoscere i Castelli a Prevost in vista della presa di possesso come cardinale titolare della diocesi suburbicaria di Albano. Poi la Provvidenza ha voluto che l’agostiniano di Chicago tornasse in questi luoghi tanto cari a Paolo VI e Benedetto XVI come loro successore.

Nell’omelia Leone ha detto che «in Maria di Nazaret c’è la nostra storia, la storia della Chiesa immersa nella comune umanità» e che «il suo Magnificat rafforza nella speranza gli umili, gli affamati, i servi operosi di Dio». Il Papa ha riflettuto su una certa tendenza al letargo della fede: «A volte, purtroppo, dove prevalgono le sicurezze umane, un certo benessere materiale e quella rilassatezza che addormenta le coscienze, questa fede può invecchiare. Allora subentra la morte, nelle forme della rassegnazione e del lamento, della nostalgia e dell’insicurezza». Al contrario, invece, la Chiesa «vive nelle sue fragili membra, ringiovanisce grazie al loro Magnificat». L’esempio arriva ancora oggi. Il Pontefice ha citato le «comunità cristiane povere e perseguitate, i testimoni della tenerezza e del perdono nei luoghi di conflitto, gli operatori di pace e i costruttori di ponti in un mondo a pezzi sono la gioia della Chiesa» e «sono la sua permanente fecondità, le primizie del Regno che viene».

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IL RUOLO FONDAMENTALE DELLE SANTE MADRI PER LA SANTITA’ DEI FIGLI

Tanti gli esempi con la Madonna in testa e poi le madri di san Gregorio Magno, sant’Agostino, santa Caterina di Svezia, don Bosco, Padre Pio e Giovanni Paolo II

Sul tema “mamma”, la letteratura di ogni genere ed epoca è assai vasta: testi teatrali, poesie, racconti e romanzi. Per non parlare degli antichi adagi popolari che costituiscono una cultura millenaria. Più volte, nel nostro quotidiano, abbiamo sentito ripetere frasi come: “La mamma è sempre la mamma”; “di mamma ce n’è una sola” o ancora “chi dice mamma non s’inganna”. E si potrebbe continuare ad libitum perché l’immaginario collettivo su questo tema così universale è davvero colmo di scene e sentimenti. Le madri sono, infatti, da sempre figure centrali per ognuno, per ogni vivente: si nasce da un grembo materno. E, prima di nascere, si è legati alla madre tramite il cordone ombelicale, unione vitale e spirituale con la propria mamma. E non è certo “un caso” se Dio stesso, per incarnarsi, ha pensato al grembo della Vergine Maria, la Mamma per eccellenza.
Nella storia del cristianesimo, dunque, la figura della madre ha avuto un ruolo fondamentale fin dal principio. E lo sapevano bene quei santi che hanno avuto nelle madri testimoni importanti di fede. L’agiografia è colma di esempi di spose e madri che hanno trasmesso ai propri figli una fede salda, ben radicata in Dio, in Cristo, nella Madonna. Madri che per prime hanno trasmesso il messaggio del Vangelo ai figli, e questi, a loro volta, hanno così voluto intraprendere un cammino spirituale tutto particolare, speciale, fino a divenire santi. Così è accaduto a san Gregorio Magno, papa Gregorio I: la madre, santa Silvia (della quale oggi ricorre la memoria liturgica), secondo quanto lo stesso pontefice santo ha riferito nei suoi scritti, raggiunse il vertice della vita di preghiera e di penitenza, divenendo per lui una colonna della sua stessa fede.

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San Pietro e San Paolo

La tradizione cristiana da sempre considera san Pietro e san Paolo inseparabili: in effetti, insieme, essi rappresentano tutto il Vangelo di Cristo. A Roma, poi, il loro legame come fratelli nella fede ha acquistato un significato particolare. Infatti, la comunità cristiana di questa Città li considerò come una specie di contraltare dei mitici Romolo e Remo, la coppia di fratelli a cui si faceva risalire la fondazione di Roma. Si potrebbe pensare anche a un altro parallelismo oppositivo, sempre sul tema della fratellanza: mentre, cioè, la prima coppia biblica di fratelli ci mostra l’effetto del peccato, per cui Caino uccide Abele, Pietro e Paolo, benché assai differenti umanamente l’uno dall’altro e malgrado nel loro rapporto non siano mancati conflitti, hanno realizzato un modo nuovo di essere fratelli, vissuto secondo il Vangelo, un modo autentico reso possibile proprio dalla grazia del Vangelo di Cristo operante in loro. Solo la sequela di Gesù conduce alla nuova fraternità: ecco il primo fondamentale messaggio che la solennità odierna consegna a ciascuno di noi. […]

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Lectio Magistralis “Verità del cristeanesimo”

Pubblichiamo la conferenza “Verità del cristianesimo?”, pronunciata dal cardinal Joseph Ratzinger il 27 novembre 1999 presso l’Università della Sorbona di Parigi, tradotta e pubblicata da “Il Regno-Documenti”, vol. XLV (2000), n. 854, pp. 190-195. Al termine del secondo millennio, il cristianesimo si trova, proprio nell’arca della sua estensione originaria, l’Europa, in una crisi profonda, che ha la sua ragion d’essere nella crisi della sua pretesa di verità. Questa crisi ha una duplice dimensione. Innanzitutto, si pone sempre più il problema se sia giusto, in fondo, applicare la nozione di verità alla religione: in altri termini, se all’uomo sia dato conoscere la verità propriamente detta su Dio e sulle cose divine. L’uomo contemporaneo può riconoscersi molto bene nella parabola buddhista dell’elefante e dei ciechi.

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Combattere la maldicenza: una sfida per la comunità cristiana

La maldicenza affonda le sue radici nella storia dell’umanità. Fin dall’antichità, la diffusione di parole denigratorie, spesso prive di fondamento, ha influenzato la convivenza sociale, assumendo forme diverse a seconda del contesto culturale. Filosofi, scrittori e pensatori hanno analizzato a fondo questo fenomeno, mettendo in luce i pericoli che esso rappresenta per la dignità individuale e la coesione sociale.
Papa Francesco, in un’omelia del 17 maggio 2018 a Santa Marta, ha condannato l’uso della calunnia e della diffamazione come strumenti di potere: «Anche oggi questo metodo è molto usato. Per esempio, nella vita civile e politica, quando si vuole compiere un colpo di Stato, i media iniziano a screditare dirigenti e persone di rilievo con calunnie e diffamazioni. Così, si sporca la loro reputazione, interviene la giustizia, li condanna e, alla fine, il colpo di Stato è fatto. È un sistema tra i più disdicevoli».

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Omelia 45: Il buon Pastore

Sant’Agostino d’Ippona

“Entrerà ed uscirà e troverà pascolo”. Si entra quando ci si raccoglie a pensare, si esce quando ci si mette a fare qualcosa. E poiché per mezzo della fede Cristo abita nei nostri cuori, entrare attraverso Cristo significa pensare alla luce della fede, uscire attraverso Cristo significa agire davanti agli uomini guidati dalla fede.

1. L’illuminazione del cieco nato offrì al Signore l’occasione di questo discorso ai Giudei. Pertanto la vostra Carità sappia e tenga presente che la lettura di oggi è strettamente legata a quel fatto. Quando il Signore disse: Io sono venuto in questo mondo per fare un giudizio: perché vedano quelli che non vedono e quelli che vedono diventino ciechi (Gv 9, 39), – parole che a suo tempo, quando sono state lette, abbiamo cercato di spiegarvi – alcuni farisei dissero: Forse che siamo ciechi anche noi? Ad essi Gesù rispose: Se foste ciechi non avreste peccato; ma dal momento che dite: Ci vediamo, il vostro peccato rimane (Gv 9, 40-41). A queste parole fece seguire quelle che abbiamo sentito leggere oggi.

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Cristo, mia speranza, è risorto

“Questo è il giorno che ha fatto il Signore. Esultiamo insieme”.
Lo cantiamo con un salmo di Israele che esprimeva l’intima attesa del Risorto, e diviene così il canto pasquale dei cristiani. Cantiamo l’Alleluia, in cui una parola della lingua ebraica è divenuta espressione oltre il tempo della gioia dei redenti.
Ma possiamo davvero gioire? O la gioia non è quasi cinismo, scherno, in un mondo così pieno di sofferenza? Siamo redenti? Il mondo è redento?
I colpi con cui è stato assassinato l’arcivescovo di San Salvador durante la celebrazione eucaristica sono solo un lampo abbagliante che illumina lo scatenarsi della violenza, la barbarizzazione dell’uomo,diffusi in tutto il mondo.
Interi popoli si vanno lentamente estinguendo…e nessuno vuol prenderne atto. E avviene dovunque che gli uomini debbano soffrire per la loro fede, per le loro convinzioni e che i loro diritti siano calpestati. Dimitrij Dudko, un prete russo, partendo dall’esperienza della prigionia, aveva rivolto un messaggio a tutti i cristiani dicendo di parlare dal Golgota e al tempo stesso dal luogo in cui il Signore risorto è apparso attraverso le porte chiuse. Egli considera Mosca il Golgota su cui il Signore è crocifisso, ma anche il luogo in cui, nonostante o proprio per via delle porte chiuse che vorrebbero impedirgli l’accesso, il Risorto è presente e si manifesta.

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